Conservati in un frigo o divorati. Gli organi di quel corpo femminile mutilato, che una volta aveva un’identità, sono finiti forse in un freezer o nello stomaco di un «collezionista di organi». Ed erano per l’assassino oggetti da contemplare o per nutrirsi.
È l’ultima pista investigativa che si affaccia sempre più insistentemente sul caso del rinvenimento del corpo di una donna, privo di organi e senza testa né gambe, scoperto in un campo a Roma lo scorso otto marzo. Un caso che per la polizia «non ha precedenti in Italia». Se altri elementi dovessero confermare questa ipotesi, ne emergerebbe il profilo di un feticista estremo, che avrebbe conservato gli organi interni della vittima dopo averli espiantati. Secondo gli inquirenti, infatti, l’omicida «non avrebbe asportato gli organi per facilitare il trasporto del cadavere». Cuore, polmoni, fegato, pancreas e interiora sono stati portati via da quel corpo come fossero reliquie. Dagli esami dei medici legali è emerso che gli organi del cadavere sono stati asportati con cura affinché restassero integri.
Dunque, nonostante sia esclusa la pista del traffico di organi, l’assassino con molta probabilità ha conservato le parti interne del cadavere, tranne reni e vescica. Di certo, per eseguire il minuzioso espianto operato con un grosso coltello, si ipotizza un ambiente chiuso, una sorta di macabro laboratorio. Sempre qui la vittima sarebbe stata decapitata e le sue gambe smembrate.
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